Gli "evasori" , il vizio e la virtù

L'opinione pubblIca e le classi dirigenti, intellettuali, politiche, professionali, dell'informazione, dell'analisi e comunicazione sociale, prendono atto dell'inadeguatezza dei tributaristi , o meglio dell'accademia del diritto tributario, a essere un punto di riferimento per il malessere che serpeggia in Italia nel settore. E che non dipende da "chi ha il potere" che è pur sempre una proiezione del gruppo e delle sua mappe cognitive della realtà. Che nel caso del fisco sono ridumentali, rispecchiando il vuoto pneumatico dell'accademia, dove l'opinione pubblica trova solo quello che già sa, per di più in quel modo complicato e tortuoso che dovrebbe servire a farlo apparire "scientifico". Comunque nel volume "evasione fiscale e tax compliance" a cura di Silvia Giannini e Antonino Gentile, già direttore dell'agenzia dell'emilia romagna, l'accademia del diritto tributario brilla per la sua assenza. Ovviamente nè il volume, nè il convegno da cui derivava, ci hanno persò alcunchè, ma hanno rispecchiato classi dirigenti e opinione pubblica che si arrabattavano , con improvvisazioni sensate. Sensate , ma pur sempre improvvisazioni, anche se più compresibili degli approfondimenti del nulla, privi di senso compiuto, in cui si è rmai insabbiata l'accademia. L'improvvisazione è quella di impostare la spiegazione sulla dialettica tra evasori e contribuenti onesti, virtuosi e viziosi, senza una traccia (salvi fuggevoli passaggi nella relazione del rappresentante ocse). Si innescano così la laceranti e controproducenti recriminazioni sociali che ben conosciamo, e potrebbero essere evitate comprendendo  prima di tutto che “l’evasore” non esiste; nessuno infatti, in nessun paese moderno, sfugge completamente alla tassazione, perché comunque in veste di consumatore finale, fa la spesa al supermercato, paga utenze di gas o telefono, consuma benzina, fuma, gioca alle lotterie pubbliche, utilizza conti correnti bancari. C’è chi sfugge in parte alla tassazione attraverso le aziende perché le incontra solo in veste di consumatore, e non di lavoratore. Gli evasori come tipi umani non esistono, ma abbiamo soltanto individui consapevoli che molto probabilmente nessuno chiederà loro imposte in quanto titolari di determinate forme di ricchezza, ad esempio proprietari di un box dato in affitto, piccoli commercianti, artigiani, professionisti o titolari di piccole organizzazioni.

La ricchezza su cui non si prevede sarà chiesta l'imposta non viene registrata, o viene registrata in misura inferiore, sufficiente a salvare le apparenze, prendendosi una franchigia più o meno ampia, e qui un pò la spregiudicatezza conta. Ma in genere, dove la scelta non è tra adempiere e evadere, e si può graduare la percentuale di adempimento, un pò di cresta la fannno tutti. Infatti un adempimento credibile non potrevve essere contestato, in assenza di prove specifiche, con una modesta rettifica percentuale, accampando che "tanto evadono tutti" coloro che svolgono una certa attività. Sarebbe un accertamento illegittimo, anche se credibile, prima di tutto perchè spingerebbe ad evadere, e trasformerebbe la dichiarazione in una specie di base d'asta col fisco, dove conviene partire più bassi possibile. Ma poi la presenza di dichiarazioni ben poco credibili è un argomento per ritenere viziato l'accertamento che insiste su un dichairato credibile. Comunque i cosiddetti “onesti”, cioè tassati dalle aziende come lavoratori, non ci pensano un secondo ad evadere come proprietari di immobili, come lavoratori autonomi “in nero”, come consumatori che si spartiscono l’evasione dell’IVA coi propri fornitori.

L’irrilevanza del “senso civico” è confermata dalla diversità dei comportamenti della stessa persona con riferimento a ricchezze diversamente “visibili” dal fisco; magari si dichiarano i redditi ricevuti da un sostituto di imposta e si evadono quelli conseguiti presso privati;si paga l’ICI, ma si percepisce l’affitto in nero, si dichiara il compenso pagato con assegni, e si evade quello percepito in contanti. Il commerciante sa che il negozio «si vede» e apre la partita IVA, il fisioterapista che lavora nelle abitazioni dei clienti sa di non essere altrettanto visibile e magari non la apre. Si conferma quindi che non esistono “gli evasori” come tipologia umana, ma diverse possibilità di evasione connesse alle varie forme di visibilità della ricchezza, anche facenti capo alla stessa persona. Insomma, il vizio e la virtù non portano da nessuna parte, anzi, spingono a fare la cresta, a pensare che il problema non è l'evasione, ma la capacità di determinare la ricchezza ai fini tributari dove le aziende non arrivano.

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