Sarebbero molte le considerazioni da fare sulla riforma del corpo dei giudici tributari, perché dopotutto la giurisdizione è una parte di ciascuna funzione istituzionale, compresa quella tributaria. A differenza della funzione di giustizia, per la quale il processo è una sede naturale, e dove la mediazione semplicemente "anticipa il processo", tendendo ad evitarlo, il processo non la sede appropriata per determinare i tributi , che deve avvenire prima, anche con un largo uso di forme di contenzioso amministrativo su cui non mi posso dilungare. Qui voglio limitarmi a un punto, cioè all'affidamento dei processi tributari ad un giudice professionale a tempo pieno, che sembra un denominatore comune, del resto, alla maggior parte delle proposte in merito. Questo pone un problema di regime transitorio, di raccordo con la situazione esistente, ed anche di proporzionale salvaguardia delle professionalità sinora acquisite, senza interruzioni di continuità nella risposta giudiziaria alle esigenze di difesa.

I punti fermi a regime mi sembrano poter essere quelli di un corpo giudicante formato, a regime, esclusivamente da magistrati togati, che abbiano fatto opzione per la giustizia tributaria e svolgano il ruolo di giudici a tempo pieno ed in via esclusiva. L'accesso ordinario alla magistratura potrebbe quindi essere seguito, a regime, da una opzione per la giustizia tributaria.

I giudici togati attuali potrebbero optare per la giustizia tributaria, in via esclusiva, ovvero esserne esclusi e mantenere solo le loro altre funzioni, nella magistratura inquirente o giudicante (come pure nelle altre eventuali magistrature amministrative o contabili da cui possono essere selezionati in base ai criteri attuali di reclutamento).

Il problema principale riguarda i giudici "laici" , cioè "onorari". Questi ultimi dovrebbero poter optare per la giustizia tributaria, con assoluta incompatibilità di esercizio di ogni altra attività (analogamente a quanto avviene per i giudici togati ordinari) e retribuzione pari allo stipendio iniziale di un magistrato appena nominato. Si tratterebbe di una categoria c.d. "ad esaurimento", che comporra' collegi presieduti preferibilmente da un magistrato togato. Nulla vieta che anche ex giudici laici rivestano il ruolo di giudice unico nelle cause di ammontare inferiore ad una certa soglia e per una certa materia. Un riparto del genere è infatti necessario per varie macroaree di contenzioso, tra cui esemplificativamente pratiche liquidative su documenti inviati al fisco, come imposta di registro/ipocatastali, liquidazioni delle dichiarazioni tipo art. 36 bis e ter , rendite catastali, tasse auto, IMU, Tari etc... .. In questi casi la composizione "monocratica" abbreviata è infatti necessaria per "sbloccare" pratiche amministrative dovute all'eccessiva rigidità delle procedure "seriali" dell'agenzia delle entrate e degli altri enti impositori. Analoga composizione monocratica, con maggiore interlocuzione delle parti, si addice agli accertamenti estimativi di piccole attività, accertamenti sintetici e valutazioni per il tributo di registro. Si tratterebbe di una gestione giurisdizionale che in prospettiva futura dovrebbe essere assorbita da adeguate forme di contenzioso amministrativo, lasciando il contenzioso giurisdizionale ai veri (e si spera "rari") vizi di una attività amministrativa adeguatamente ponderata, ma su cui esistono insanabili divergenze di principio.

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