In quest'articolo di vincenzo visco, sul sole di oggi, di  cui riporto  uno stralcio, le idee ci sono senz'altro, come di  frequente accade per gli economisti, che casomai si appiattiscono sulla sociomatematica, ma non certo sui materiali.  Però ci sono  anche aspettative eccessive verso  il diritto, come quella secondo cui sarebbe stato possibile gestire sin da subito un'IMU basata sui valori OMi dell'Agenzia del territorio. Una cosa è avere dei  valori di  riferimento, orientativi  per i controlli, per le attribuzioni di rendita, ed un'altra avere un meccanismo  organizzato e sistematico sufficiente a una "autodeterminazione di massa" del tributo. Lo scambio tra "aliquota alta" e "base imponibile bassa" , ancorchè perverso, è frutto di una carenza di  informazioni  gestibili  sul piano  sistematico e amministrativo. Anche qui emerge la consueta tendenza degli  economisti a trascurare , quasi  con un pò di fastidio i  comportamentali aziendali, istituzionali e normativi, in parole povere "valoriali" (Lupi, Manuale giuridico cit. , pag.130), dove gli  economisti credono all'onnipotenza legislativa quasi come i bimbi credono alla befana. Con questo paragone mi scappa di parlare in prima persona all'autore, cui  mi  lega una istintiva simpatia, tipo "caro amico ti scrivo". Vedi,  Enzo, una cosa è avere dei valori OMI interni , di  riferimento, e un'altra è mandarli  sulla gazzetta ufficiale e imporli a milioni di  signore Marisa. Lo scambio  tra minore aliquota e maggiore base imponibile, a parità di gettito, sarebbe di  certo  trasparente e benefico, come tu scrivi giustamente. Ma incontra ostacoli di vendibilità politica perchè quelli cui andrebbe bene starebbero zitti, mentre chi ci dovesse  rimettere strillerebbe  come un'aquila spennata. Il bilancio economico sarebbe in  pareggio, e  il bilancio politico una catastrofe. Nell'organizzazione sociale coesistono  un conservatorismo e una insoddisfazione latenti, che sono un pò come lo sterco di  mucca: più lo  rivolti e più puzza. Anche perchè siamo  in una società economicamente semianalfabeta, anche un pò per colpa della sociomatematica di economisti, consentimi. Purtroppo la gestione del catasto si  può esternalizzare fino a un certo punto, ed è uno degli aspetti  dell'organizzazione sociale italiana che non funziona. Per motivi giuridici, di appiattimento del diritto  sulla legislazione e di confusione delle scienze sociali. Dove si intrecciano anche i tuoi discorsi  sulla prima casa, sensati ma discutibili, nel senso che se ne capisce il filo  conduttore,  e se ne può parlare. Magari distinguendo la prospettiva del valore d'uso della prima casa, da quella del valore di  scambio. Ma i problemi dell'imposta patrimoniale sono la necessità dello stato  di andarsela a riscuotere, senza poter esternalizzare sulle aziende. come ho  scritto qui, Ciao. PS qualche informazione aggiuntiva di tipo personale ..me ne andrò da tributario, che non è mai nato  come materia, più che essere decaduto. Il mio studio della tassazione  lo porterò in diritto amministrativo. Perchè all'italia non serve un economista in più, ce ne sono già di validissimi.....per non finire come la grecia, per non disorganizzarci, il fronte è giuridico, è lì il buco nero. Ciao...
Estratto da Vincenzo Visco La pressione iniqua dell'IMU
Il sole 24 ore del 13 maggio 2012
La rivalutazione poteva infatti essere fatta a valori di mercato fin da subito e in conseguenza le aliquote potevano essere fissate a livelli molto inferiori (circa la metà) a parità di gettito, riducendo drasticamente le disparità di trattamento. Da anni infatti l'Agenzia del Territorio dispone di un Osservatorio del mercato immobiliare che raccoglie i dati degli immobili a valori di mercato. I dati sono disponibili per singoli Comuni e per zone omogenee all'interno di ciascun Comune (solo a Roma esistono 300 zone omogenee, e 55 a Milano). In attesa del completamento della riforma del catasto, questi dati potevano essere utilizzati per rivalutare in modo differenziato i valori attuali avvicinandoli molto a quelli che risulteranno dal nuovo catasto, abbassando le aliquote e riducendo le disparità di trattamento attuali.Un'altra caratteristica dell'Imu (e prima dell'Ici) fortemente radicata nel senso comune, riguarda la discriminazione tra prime e seconde case, e tra case in affitto e in uso diretto. Si tratta di differenziazioni prive di giustificazione economica, anche da un punto di vista distributivo. L'esistenza di una imposta ordinaria sul patrimonio in un sistema fiscale, di una imposta, cioè, che si paga tutti gli anni con il reddito disponibile dei contribuenti senza costringerli a vendere il patrimonio stesso, si giustifica, tra l'altro, per il fatto che il patrimonio è più concentrato del reddito, e cioè per il fatto che, in media, a un reddito doppio di un altro corrisponde un patrimonio più che doppio, sicché, un'imposta proporzionale sul patrimonio (anche solo immobiliare) funziona come una imposta progressiva sul reddito. Non c'è motivo logico, quindi, per introdurre ulteriori discriminazioni in sede Imu. Diversa sarebbe la situazione se si volesse introdurre una imposta personale progressiva sul patrimonio, come quella francese. In concreto con l'Imu la tassazione delle prime case risulta, contrariamente a quanto si sostiene, ancora troppo agevolata, mentre sicuramente eccessiva è quella prevista per le case in affitto il cui rendimento netto non dovrebbe risultare inferiore a quello realizzabile con altri impieghi del capitale.
Vi è poi un altro aspetto importante da sottolineare: se si desidera comunque mantenere una agevolazione per la casa in proprietà essa dovrebbe essere differenziata a livello comunale (potrebbe per esempio essere fissata pari a 1/3 o metà del valore medio di mercato delle abitazioni del Comune). Un unico abbattimento a livello nazionale risulta infatti insufficiente per le grandi città ed eccessivo per i piccoli Comuni e potrebbe incentivare la prassi, già ampiamente seguita da sindaci dei Comuni turistici, di esentare di fatto dall'imposta i propri residenti scaricando sui proprietari delle seconde case l'onere del finanziamento di servizi di cui essi beneficiano solo in misura ridotta.
Infine va ribadito che l'Imu è per sua natura un'imposta locale, quindi il fatto che una parte del suo gettito affluisca alle casse dello Stato non può che essere transitorio; andranno quindi rivisti i meccanismi di compartecipazione dei Comuni alle imposte erariali oggi previsti. Se comunque il gettito dell'imposta risultasse eccessivo rispetto alle necessità di finanziamento delle spese comunali, una parte di esso potrebbe essere trasferito alle Regioni per finanziare le spese per i trasporti locali e le infrastrutture. Infine, in presenza di una imposta patrimoniale consistente, sarebbe opportuno eliminare del tutto l'addizionale comunale Irpef.
Se il dibattito in corso sull'Imu si orientasse, invece che alla protesta generica (e francamente eccessiva) ad affrontare i temi qui discussi (cosa improbabile), si potrebbe giungere rapidamente ad una situazione adeguata di un importante pezzo del nostro sistema tributario
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